Questo film riguarda tutti noi
È uscito su RaiPlay il documentario “The dark side of the show” per la regia di Francesco Dinolfo e fa piacere vedere quando il servizio pubblico fa il servizio pubblico.
Non fatevi ingannare dal fatto che la voce narrante sia quella di Manuel Agnelli (uno degli artisti che più si è speso per il settore) e che tutto il film parli apparentemente di quel che c’è dietro a un concerto musicale. Il film racconta una storia, per parlare di tutti quegli invisibili che, nel mondo dello spettacolo, esistono solo per il tempo dell’esibizione, ma che non hanno né un prima né un dopo. Lavoratori che, nella percezione di tanta parte del pubblico, talvolta non hanno nemmeno un durante. Quindi anche di noi.
Il film nasce chiaramente in risposta a un’evidenza dolorosa di urgenza di informazione: non solo il pubblico spesso non sa, ma pure la politica nazionale ignora. La scarsa conoscenza della proporzione del comparto spettacolo, composto di quelli che stanno di fronte (gli artisti) e dalla moltitudine di quelli che stanno dietro, è stato un vulnus che la pandemia ha fatto deflagrare. La misura ci è stata data proprio dall’imbarazzo della politica ad intervenire senza affanno e senza scoprire ciclicamente che stava dimenticando qualcuno per strada. Perché? Perché semplicemente non sa.
Ecco perché penso che questo documentario sia importante e dovrebbe non restare l’unico; che i film-maker dovrebbero, in maniera asciutta e spietata (anche nella lettura delle mancanze dei lavoratori), raccontare anche degli altri settori; che la Rai dovrebbe infine dare evidenza alla propria vocazione di servizio pubblico creando e promuovendo un contenitore da cui queste storie possano prendere slancio verso il grande pubblico.
Perché la gente deve sapere e la politica non avere più alibi per ignorare. E quanto questa necessità sia urgente lo dice lo stesso comunicato del MiC che, magnificando un’inesistente e imbarazzante rivoluzione nelle tutele del settore, ha inferto un colpo violento alle aspirazioni per un valore lavorativo e professionale finalmente riconosciuto.
Il consiglio è dunque di vedere questi 50 minuti di documentario tutto d’un fiato e di sentire quante e quali cose riverberano dentro di noi per la lunga e comune attesa di vedere restituito valore a una dignità derisa. In Parlamento ci sono disegni di legge importanti che potrebbero dare un senso a questa fatica, ma le recenti affermazioni del ministro, così come le contraddizioni dei protocolli di ripartenza (che solo per lo spettacolo sembrano rigidamente inamovibili), rendono ancora più evidente che non si può allentare l’attenzione. E dicono che del nostro mondo c’è sempre più forte il bisogno di una nuova e continuativa narrazione.