…ossia: quanto talvolta sono divisive le parole che vorrebbero includere
Quando mi hanno chiamato in DOC per sviluppare il settore, mi fu dato in dote un contenitore genericamente chiamato artisti di strada. Subito subito cI ho pensato su e mi sono detto: c’è parecchio lavoro da fare!
Parecchio lavoro, perché la percezione diffusa di un settore che si reinventa di continuo, è sintomatica di un misunderstanding in cui siamo tutti coinvolti: pubblico, organizzatori, amministratori e anche artisti. In 5 anni di direzione della Federazione Nazionale delle Arti in Strada, sono stato infatti immerso fino al collo non solo delle moltitudini di sfumature di significato dell’arte di strada, ma anche dell’impatto dirompente che talvolta ha una parola sbagliata. Artista di strada è una parola nobile, ma ha perduto da tempo la forza identitaria di una categoria di artisti che non tanto nella disciplina, quanto nel luogo in cui questa si realizza, avevano trovato la propria collocazione naturale.
È così che molti artisti, che in strada lavorano, non amano (e a volte non vogliono proprio) essere chiamati artisti di strada. Roberto Pedroni, che fu musicista e teorico dell’arte di strada, così come Beppe Boron oggi, presidente FNAS l’hanno detto bene. Sei artista di strada se porti liberamente, in maniera estemporanea e in forma gratuita un contributo artistico nello spazio pubblico. Sia che tu vada a cappello sia che tu non voglia raccogliere spiccio. I professionisti sono avvertiti, non è in questa definizione che possono sentirsi ricompresi. E, appunto, spesso non lo vogliono.
Ho cercato a lungo parole nella nostra lingua per dare un nome a un significato complesso, a un settore ricco di sfumature: che è multidisciplinare, che riguarda il fuori, ma anche il dentro, che a volte è una strada, a volte una piazza e a volte posti che non sono né uno né l’altro. Tutta quella miriade di significati insomma che stanno dentro alla nozione di spazio pubblico. Alla fine ho ceduto alla norma internazionale che nel network Circostrada ho a lungo praticato. La lingua anglosassone è molto più pragmatica. Dice tutto, tanto e subito. Outdoor e Circus non sono ambigui. Parlano di tutti gli spettacoli che avvengono in un fuori (di qualsiasi natura) e di un circo che è intreccio di discipline, matrice popolare, linguaggio perennemente innovato e innovativo.
Outdoor e Circus sono dunque il titolo di questo nuovo viaggio. Un titolo che, lungi da essere presuntuoso, significa “nessuno escluso“. Ed è titolo di una storia che mi piacerebbe scrivere assieme agli artisti che decideranno di salire su questa nave dei folli chiamata DOC.